La scoperta degli antibiotici ha drasticamente e repentinamente ridotto la mortalità di molte malattie considerate ineluttabili come la lebbra, la peste, il tifo, il colera, la meningite o la tubercolosi.
D’altro lato un utilizzo eccessivo e/o non corretto degli antibiotici avvenuto negli ultimi decenni ha portato alla selezione naturale di superbatteri ad essi resistenti.
È così che, oggi, l’ANTIMICROBICO RESISTENZA (AMR) è uno degli allarmi sanitari che preoccupa di più l’OMS e i sistemi sanitari di tutto il mondo.
Un recente studio britannico, confermato da Elizabeth Tayler dell’Oms, evidenzia che entro il 2050 la resistenza agli antibiotici potrebbe diventare anche più letale del cancro, con più di 10 milioni di vittime all’anno.
Ma uno studio del Lancet pubblicato a inizio 2022 ha reso ottimistica questa valutazione evidenziando che nel solo 2019 sono stati circa 1,27 milioni i decessi causati direttamente dall’AMR, cioè all’incirca la mortalità di malaria e HIV messi insieme. E questo senza tener conto degli altri 4,95 milioni di decessi associati all’AMR o determinati da infezioni correlate all’assistenza (ICA).
L’AMR IN ITALIA
Nel più ampio contesto europeo, che vanta il triste dato di 33.000 decessi l’anno per AMR, ben 11.000 avvengono in Italia.
L’attuale allarmante dato italiano è alla base della previsione che nel 2050 i decessi per AMR e/o ICA potrebbero arrivare a 450.000 con un impatto economico per il nostro SSN pari a 13 mld di euro.
Per cercare di far fronte adeguatamente a questa emergenza il nostro Paese si è dotato nel 2017 di un Piano Nazionale per il Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza (PNCAR), di cui è in corso l’aggiornamento per arrivare a un nuovo PNCAR denominato SePNCAR.
Ma, nonostante ciò, dal 2017 ad oggi, nessun sostanziale miglioramento sembra esserci stato.
I dati attuali e le allarmanti proiezioni future rendono oggi evidentemente necessario un cambio di paradigma che veda attivamente coinvolti più attori che, ognuno per competenza, contribuiscano a delineare strategie operative ed elaborare proposte che indirizzino verso comportamenti virtuosi.
Ma ogni strategia che possa avere qualche speranza di successo deve basarsi su dati certi ed essere multidisciplinare e multi target. È quindi evidente la necessità di una struttura permanente che, da un lato, monitori e analizzi costantemente l’epidemiologia del fenomeno e, dall’altro, proponga linee guida sanitarie nonché iniziative di comunicazione, educative e di sensibilizzazione, utili a modificare comportamenti impropri sia della popolazione generale che del personale sanitario.